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Alan Turing ci insegna a contare

Pubblicato il: 12/06/2014 13:34:58 - e


La Macchina di Turing potrebbe aiutare a capire alcuni aspetti della discalculia. Una recente tesi di dottorato fa emergere i legami fra gli studi fatti da Alan Turing e le capacità cognitivo-matematiche dei bambini.
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Sta facendo scalpore la notizia del superamento del cosiddetto test di Turing da parte di un software sviluppato a partire dal 2001 da un gruppo di informatici russi e ucraini. Al di là dei dubbi sull’effettivo superamento del test, è importante sottolineare che l’ideazione di questa prova di intelligenza per le macchine è solo uno dei tanti contributi apportati da Turing al campo dell’Intelligenza Artificiale. Il nome di Turing è, infatti, legato a doppio filo con i primordi del computer digitale, il cui prototipo teorico è la Macchina di Turing Universale (MTU).

Oltre al fondamentale apporto, anche ingegneristico, alla nascita dei moderni computer (Turing fu autore del progetto di uno dei primi computer elettronici, l’Automatic Computing Engine) e all’invenzione del già menzionato test di Intelligenza Artificiale, l’eclettico pensiero del matematico inglese può darci qualche suggerimento importante sulla spiegazione di alcuni aspetti del pensiero umano, in particolare di quelli che riguardano lo sviluppo e l’utilizzo delle capacità di calcolo.

Lo studio di queste capacità tramite modelli ispirati alle Macchine di Turing potrebbe in futuro trovare applicazione nel campo della didattica della matematica e nella comprensione di deficit non specifici in soggetti discalculici quali, per esempio, difficoltà nella conta con le dita o nel corretto posizionamento dei numeri in colonna. Il modello cui Turing s’ispira per la costruzione delle macchine ideali che prendono il suo nome è, infatti, proprio il calcolo umano, più precisamente il calcolo con carta e penna. Scrive Turing: “Il comportamento di un uomo che fa un calcolo [nell’originale inglese, computer, n.d.r.] in un qualsiasi istante è determinato dal simbolo che sta osservando e dal suo “stato mentale” in quell’istante”[1]. Sulla base di queste e altre semplici nozioni intuitive, Turing costruisce l’architettura computazionale della MTU.

L’idea fondamentale da cui parte è che, per imitare il comportamento di un uomo che esegue un calcolo con carta e penna, è necessario utilizzare un sistema computazionale che rifletta (sia pur in maniera idealizzata e semplificata) le variabili fondamentali in gioco nel sistema reale da cui si trae spunto, cioè (1) il contenuto del foglio di carta; (2) il contenuto della memoria del calcolante; (3) la porzione del foglio di carta su cui si concentra l’attenzione del calcolante.

Visto da questa prospettiva, il lavoro di Turing assume un’importanza cognitiva che, con qualche eccezione, è stata finora pressoché ignorata dagli studiosi. Infatti, l’accento sugli aspetti d’interazione tra risorse interne ed esterne avvicina questa lettura delle macchine di Turing alle più recenti tendenze nel campo della filosofia della mente e delle scienze cognitive (per esempio, l’ipotesi della mente estesa[2] o l’approccio incorporato-situato alla cognizione[3]), che si concentrano su alcuni aspetti psicologici non direttamente collegati al funzionamento del cervello, ovvero quelli riguardanti l’interazione tra corpo e ambiente e l’uso di mezzi esterni per svolgere o facilitare alcuni specifici compiti cognitivi.

Il lavoro di Turing può, dunque, essere utilizzato per formalizzare e studiare uno specifico insieme di capacità cognitive, dette capacità algoritmiche. Una spiegazione adeguata di quel tipo di capacità non può prescindere dallo studio di abilità più generali, come quelle che ci permettono di utilizzare risorse corporee o esterne per lo svolgimento dei calcoli (per es., le dita della mano, carta e penna, abachi, oggetti vari) o di eseguire una serie definita e non ambigua di regole[4].

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Note:
[1] A. Turing, 1936. “On computable numbers, with an application to the entscheidungsproblem”, p. 250.
[2] Menary R., “The extended mind”, MIT Press, 2010.
[3] Clark A., “Being There”, MIT Press, 1997. Pinna S., 2014. “Extended cognition, dynamics, and algotithms: A Turing Machine based approach to the study of algorithmic skills”. Tesi di dottorato, Dip. di Pedagogia, Psicologia, Filosofia, Università di Cagliari.

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Immagine in testata di wikipedia (licenza free to share)

Simone Pinna e Marco Giunti

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